Recensione di “Infernum”di Claver Gold e Murubutu

Esce oggi “Infernum”, il nuovo disco di Murubutu e Claver Gold. Questo disco, in cui ho avuto il piacere di immergermi è basato su un attento e ricco storytelling che ripercorre il viaggio di Dante negli inferi. “Infernum” di Claver Gold e Murubutu è un disco barocco che, tra schemi metrici complessi, minuziose descrizioni e fini critiche al mondo odierno, ripropone un classico della letteratura.

A 700 anni dall’opera di Dante Alighieri due rapper esperti come Claver e Murubutu sono riusciti a rendere nuovamente attuale il capolavoro del fiorentino, a partire dal primo, infernale, pezzo: “Antinferno”. Da qui si può già capire la drammaticità del viaggio che stiamo per percorrere, che esplode subito nei pezzi appena seguenti, “Caronte” e “Minosse”. In queste tracce appare tutta la crudezza dell’inferno, che non sempre è destinato a persone malintenzionate.

Proseguendo ci si imbatte nella love story proibita di Paolo e Francesca. Tramite due strofe poetiche e il ritornello di Giuliano Palma, i due raccontano in maniera viva ed emotiva “il migliore tra i peccati”: la lussuria, che in questo caso viene vista più come la realizzazione di un amore represso. Il pezzo successivo, dedicato a Pier delle Vigne, è quello che appare più attuale, in cui salgono rabbia e malessere. Pier è un poeta collocato da Dante nel girone dei suicidi. Murubutu e Claver Gold si superano in questa traccia, raccontando nel profondo la cupezza, la solitudine e la tensione di un personaggio portato al suicidio, riflettendo sul coraggio richiesto da una scelta così radicale e sul contrasto tra vita e morte.

Ma non c’è tempo per fermarsi, il percorso continua disperato con altri quattro pezzi essenziali per “Infernum”. In “Ulisse” Murubutu e Claver ci fanno viaggiare sul mare con l’eroe di Itaca. Il racconto si rilassa in un pezzo meno pesante anche grazie al suo suono, ma che si conclude sempre in maniera tragica. Proseguendo i due artisti ricordano un personaggio meno noto della Divina Commedia, la prostituta Taide, raccontando le difficoltà e la malinconia legate ad un simile ruolo nel mondo di oggi. Alla fine del percorso troviamo, ovviamente, il mostruoso Lucifero, l’angelo traditore che venne trasformato in una bestia.

Se i testi, importanti e corposi, tendono a dominare “Infernum”, i suoni sono sicuramente adeguati ad essi. Nel viaggio si possono ascoltare diverse melodie e basi con una grande varietà di strumenti, che sanno alzare ed abbassare la tensione e la drammaticità dei momenti. Ho apprezzato molto la scelta degli ospiti, visto che Giuliano Palma e Davide Shorty hanno eseguito magistralmente due ritornelli che aumentano la musicalità del disco e si infilano a meraviglia tra i racconti dei due rapper.

In un disco come questo, in cui due delle migliori penne del rap italiano hanno unito le forze, trovo tutta la vitalità e il valore che servono all’arte proprio oggi, che con progetti così dimostra di essere ancora in grado di amare i virtuosismi e il liricismo.

Articolo di Matteo Pinamonte.

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