In occasione di Skugnizzo, il nuovo album del rapper napoletano Nicola Siciliano, è stato lui stesso a spiegarci come nasce il disco e come ha curato il suo immaginario in vista di questo progetto.
Ciao Nicola , benvenuto su Rapadvisor! È da poco uscito “Skugnizzo” e sicuramente fotografa un percorso personale che ti ha portato a quello che sei adesso, come mai hai deciso di mettere tutto nero su bianco ?
Nasce tutto dall’esigenza di raccontare e di comunicare ai ragazzi come me. Ho cercato di inserire dei messaggi sociali positivi per motivare le persone che cercano un riscatto, uscendo da situazioni difficili come la maggior parte delle persone che vengono da questo tipo di periferie. Mi sono messo nei loro panni e ho cercato di raccontare quanto più possibile.
Il disco è interamente scritto in napoletano, hai pensato che questo potesse essere un ostacolo per le persone che magari non hanno familiarità con questo dialetto?
Se devo essere sincero sì, avevo un po’ il timore di non arrivare a tutti anche se ormai il napoletano è sempre più sdoganato ed è diventato sempre più comprensibile e alla portata di tutti, quindi ho pensato di renderlo un punto di forza per questo disco.
Anche il titolo è legato alla tradizione napoletana ?
Si, il titolo Skugnizzo l’ho scelto proprio per restare legato alla tradizione e dare un’ iconografia al classico ragazzo cresciuto nelle periferie difficili che si riscatta e raggiunge i suoi obiettivi.
Si è da poco concluso a Scampia il 64 Bars di Redbull , uno degli eventi più significativi del panorama del rap in Italia, come è stato per te vivere questa esperienza dal punto di vista di un artista cresciuto in quei luoghi ?
È stato bellissimo esibirmi in questo quartiere dove è nato tutto per me, è stata una grande soddisfazione. Ancora oggi, nonostante siano passati diversi mesi, se ne parla ancora e ed è stato decisamente un evento che ha lasciato il segno e sicuramente la ritengo una delle esperienze che più mi ha arricchito sia a livello personale che artistico.
Come vivi ora questa situazione della reputazione dei quartieri della periferia di Napoli che sono stati anche denigrati nella musica di massa ma che al momento possono essere visti come un punto di forza e un valore aggiunto sul bagaglio che una persona può avere alle spalle ?
Essere nato in questa zona di Napoli così controversa mi ha aiutato a raccontare degli spaccati della mia vita e mi aiuta a mettermi sullo stesso piano del pubblico. L’etichetta negativa che un po’ si era addossata a Scampia si è un po’ presa nel tempo e grazie al rap siamo riusciti a raccontare qualcosa di positivo , il quartiere si è ripulito ed è diventato un po’ un trampolino di lancio per i ragazzi che hanno l’aspirazione e l’obiettivo di diventare artisti.
Per quanto riguarda le produzioni ci sono due nomi che tu hai scelto Ava e Andry the Hitmaker raccontaci un po’ come sono nate queste collaborazioni
Si ho scelto loro due perché in un qualche modo eravamo già in sintonia. Con Andry avevamo già collaborato nel mio disco precedente e con Ava siamo amici da tanti anni, ci siamo subito presi bene e abbiamo lavorato tanto prima di raggiungere un risultato che ci poteva convincere .
Quando hai lavorato a questo album sei andato diretto al punto o il risultato finale è stato frutto di una grande selezione di pezzi che hanno formato la track list finale ?
Abbiamo fatto una carrellata di provini che poi mano a mano abbiamo scartato fino a ottenere qualcosa che ci soddisfacesse a pieno.
C’è una traccia alla quale sei più legato?
Si, “Divorziati in casa” è un brano che rispecchia molto quello che ho vissuto e al quale in qualche modo sono particolarmente legato.
Anche a livello di immaginario è stato tutto frutto della tua testa o sei stato seguito da un Art director?
L’immagine dello Skugnizzo è nata da una mia volontà e quella di riprendere un po’ l’immagine della Napoli vecchia ma ci sono stati due art director che mi hanno aiutato a realizzare tutto che sono Claudio Foco e Davide Foco che ringrazio per il sostegno e la pazienza.
Come vivi il fatto di avere questa dualità artistica e di essere autosufficiente sia dal punto di vista del testo e delle produzioni ?
Mi affascina molto l’idea di poter spaziare e sperimentare in modo da avere una visione completa di quello che poi sarà il prodotto finale riesco a gestire meglio tutto.
Come mai hai scelto di non inserire featuring?
Il mio pensiero iniziale era quello di restare piu possibile in contatto con me stesso per preservare l’identità del disco e arrivare in modo più chiaro e nitido possibile al pubblico, Stiamo preparando una versione deluxe nella quale sono stati inseriti alcuni ospiti che però non voglio ancora spoilerare.
Cosa vorresti valorizzare di questo disco? Sicuramente ho voluto concentrarmi sull’aspetto dei testi e delle liriche rispetto magari Napoli 51 dove mi ero dedicato maggiormente invece sulle produzioni e sugli argomenti che per me sono molto profondi e importanti.
Intervista di Valeria Giudicotti e Matteo Pinamonte
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