Not Good è tornato da qualche giorno con “Bella festa, brutta gente”, un mixtape generazionale sul quale abbiamo deciso di fargli qualche domanda.
Ciao NotGood, è da poco uscito il tuo mixtape
“Bella festa brutta gente “ dopo due anni di pausa e rispetto a “Vero liricista” si nota subito
un cambiamento generale …
Si, sicuramente non appena uscito Vero Liricista ero così soddisfatto e appagato che ho capito di aver dimostrato di saper rappare . Con questo mixtape il mio intento è quello di fare qualcosa di più e portare il pubblico a
vedermi con occhi diversi perché credo sia un mixtape generazionale, ho scritto dei
testi che toccano argomenti nei quali possono rivedersi tutti sono riuscito a spostare il focus
sugli altri, mentre con i testi di prima ero molto incentrato su me stesso.
Come hai capito che avevi bisogno di cambiare registro nei tuoi testi?
A dire la verità, ero un po’ stanco di scrivere i fatti miei , per me la scrittura è
una terapia ma io personalmente volevo fare di più e ho sentito che era il momento di raccontare qualcosa
di diverso e di aprirmi di più al pubblico
In Vero liricista si percepisce molto tecnicismo e attenzione alla scrittura e alle liriche, questo
lavoro invece anche grazie alle produzioni è più melodico e orecchiabile . Come sei arrivato
a questo risultato?
Sono stato fortunato perché ho conosciuto Yoshimitsu in studio ci siamo subito messi al
lavoro e sono stato affiancato a delle persone veramente splendide, con il tempo poi ho
capito che eravamo nella stessa lunghezza dell’onda avevamo voglia di sperimentare , tutti
hanno creduto in me e mi hanno assecondato in maniera molto spontanea, ci siamo
divertiti un sacco ,ho dato alla mia musica una direzione diversa che sento mi appartiene al
cento per cento. All’inizio abbiamo scartato un sacco di provini di brani puramente rap che però
non rientravano in quello che avevo int testa per questo mixtape e alla fine ce l’abbiamo
fatta a mettere insieme tutto come lo immaginavo io .
Anche a livello di immaginario si percepisce che è un lavoro molto curato, hai gestito tutto
da solo o c’è un team che ti supporta per le scelte degli outfit?
In questo progetto in particolare la direzione artistica è mia e ho seguito tutto in prima
persona dalle copertine , alla scelta degli outfit e alla scelta dei colori del tema principale , ma
mi sono fatto aiutare da una stylist fortissima che ha capito tutto quello che avevo in testa e
ringrazio per avermi supportato in questo percorso.
C’è una canzone che senti più tua di tutto questo viaggio alla quale sei più legato o che ti
piace particolarmente?
Ti direi sicuramente Lucido perché è stato il primo brano che ho scritto e mi ha fatto capire
che potevo anche approcciarmi a quel tipo di storytelling ed è stato piuttosto liberatorio
perché ero un po’ mentalmente saturo dal disco precedente, di quel tipo di rap autoreferenziale e grazie a quel testo mi sono sfogato, finalmente.
Raccontaci dell’esperienza di Real Talk , cosa ti ha lasciato? Sono arrivato a Real Talk dopo
essere stato scartato, ( passatemi il termine ) dal Real Talk , la versione Cypher e contro ogni aspettativa invece sono stato poi
chiamato in studio per partecipare al format ufficiale . Posso dire che è stato un bel riscatto personale, ed è
stato un feedback che mi è servito per prendere consapevolezza per poter dare alla mia musica un’altra direzione e sono
molto soddisfatto di come è andato tutto.
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Intervista di Valeria Giudicotti
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