Quando lo swag incontra la paranoia: intervista a Wemme Flow

Dopo anni di attese è finalmente fuori il nuovo disco di Wemme Flow: “Swag Paranoia”. Il progetto è sia la consacrazione di un percorso, un punto di arrivo, sia il punto di partenza per un viaggio dalla traiettoria ben tracciata. La chiave di lettura è chiara fin dal titolo: alla paranoia si contrappone lo swag, ai temi introspettivi e cupi si contrappone un mood solare e up, alla fragilità delle parole si contrappongono sonorità intraprendenti.
“Swag Paranoia” è un disco sincero, privo di giri di parole e fronzoli. È proprio questo il suo punto di forza, ti arriva dritto al cuore, si aggancia a quella sfumatura grigia della nostra anima fragile e piena di paure riempiendola di colori e speranza. La produzione artistica del progetto è stata condotta interamente da Zenit confermando l’affiatamento della coppia ‘made in Bologna’ che ci accompagna dai tempi di “Piazza Maggiore”.

Abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con Wemme (W) e Zenit (Z) per saperne di più!

  1. Ciao Wemme! È appena uscito il tuo nuovo disco “Swag Paranoia” a distanza di quattro anni dal tuo primo progetto di esordio. Come ti senti? Cosa ti ha portato a pubblicare un progetto dopo così tanti singoli ed esperimenti?
    W: Sto bene, molto. Sono positivo per l’uscita di “Swag Paranoia” e mi sento sereno. Quando è uscito il disco precedente (“Direzione stelle”, ndr.) la mia vita è cambiata molto. Da lì sentivo il bisogno di far suonare la mia musica in modo differente: ho sperimentato molto, sono stato in studio con molti produttori e ciò mi ha influenzato. In alcuni momenti volevo anche fare solo degli esperimenti, fare qualcosa che non avevo mai provato e uscire con dei singoli è anche stato il modo più facile per farlo. Penso che dai singoli si riesca a identificare un artista e la sua versatilità e continuerò a lavorare in questa chiave anche in futuro. Ad un certo punto ho sentito la naturale necessità di pubblicare un progetto intero, di arrivare a un punto di “nuovo inizio” come quello che segue la pubblicazione di un disco. Se il primo album è stato una fotografia del momento che stavo vivendo, questo ha tracciato la strada per farmi capire ciò che voglio fare.
  2. Il disco è estremamente versatile, pieno di stili diversi e di anime colorate. Qual è il motore di base che ha spinto alla nascita di “Swag Paranoia”?
    W: “Swag Paranoia” raffigura gli anni che ho vissuto dall’ultimo disco, racconta quelle paranoie che mi sentivo di tirare fuori ma in modo swag. Voglio che la mia musica sia imprevedibile e, anche se vengo dal rap e dall’hip hop, ho cercato di inserire più influenze possibili così da dargli una doppia anima in antitesi come nel titolo.
  3. Un pezzo che mi ha impressionato del disco è “Virtù dei fragili” perché diretto, sincero e capace di trasmettere subito una grande emozione. Continuando as ascoltare il disco, la comunicazione di una speranza positiva nella paranoia sembra essere il fil rouge che lo collega. Qual è il messaggio che vuoi lasciare a chi ti ascolta?
    W: La mia virtù artistica è quella di cercare di trasmettere un messaggio positivo, anche se si tratta di qualcosa estremamente negativo. Il disco racconta di un’anima swag che viene però intaccata da quella parte imparanoiata che purtroppo fa parte di me e mi invade. Mi piace che le canzoni portino speranza, abbiano un sogno che arrivi sempre a chi le ascolta. Con Zenit in studio cerchiamo di creare brani “a-temporali” così che sia più facile rendere il messaggio per sempre.
  4. La produzione del disco è stata curata interamente da Zenit che dirige artisticamente il tuo progetto da anni. La vostra è una coppia vincente da cui entrambi sembrate esprimere al meglio il vostro potenziale. Com’è nato il vostro rapporto e cosa vi ha portato a sviluppare il suono versatile ma omogeneo che caratterizza il disco?
    W: Il rapporto con Zenit è nato in modo casuale. Mi stavo sentendo con un produttore che lavorava con lui a Milano e ci siamo beccati direttamente in studio. Avevo un brano che già avevo lavorato da solo (“Piazza Maggiore”, ndr.) e che, siccome raccontava di Bologna, città da cui viene anche lui, ho pensato potesse sposare a pieno il suo stile. Da lì abbiamo iniziato a lavorare insieme cercando di dare una direzione che ci ha portato poi a “Swag Paranoia”.
    Z: Credo che “Piazza Maggiore” sia stata una fortuna, che abbia creato qualcosa di più oltre al brano. Quando accettai di lavorare con Ale, per me era un artista emergente come gli altri ma, quando ho visto il riscontro umano che il pezzo aveva portato, ho capito subito che ci fosse qualcosa di più. I numeri che quel brano ha avuto li ho presi come un “segno” di continuare a lavorare insieme. All’inizio non volevamo fare un disco ma dopo tutti quei singoli c’era bisogno di mettere un punto.
    Abbiamo iniziato a collaborare in un momento in cui stavo di merda, in cui entrambi eravamo pieni di nostalgia e ciò si rifletteva nei brani. Eravamo convinti che il filone triste fosse la strada giusta in modo da rispecchiare come ci sentivamo. Paradossalmente, dalla tristezza questo percorso ci ha riempiti di gioia e quando le cose sono cambiate abbiamo iniziato a viverci la musica in modo diverso. Mi sono reso conto che a lui i pezzi up vengono spontanei e che alla gente arrivavano più facilmente. Aprirsi a un artista nuovo e lasciarsi emozionare non è facile, è un tema delicato per cui è difficile portare il proprio messaggio a qualcuno. Quando abbiamo capito tutto ciò, abbiamo deciso di cambiare il tiro del progetto, cercando di essere bilanciati e dare spazio sia alla vena up sia a quella più triste.
  5. Siamo in un momento in cui il mercato musicale sembra essere saturo saturo ed emergere rischia di essere difficile. Come pensi di collocarti in questo mondo?
    W: Penso che il nuovo mercato sia estremamente prolifico, è pieno di ragazzi emergenti e ognuno ha il suo percorso. La cosa che mi ha fatto innamorare della musica è il “fattore wow”, quel qualcosa che può ribaltare improvvisamente le dinamiche. Magari ora pubblicare tanti brani può essere la scelta giusta, magari in futuro dovrò cambiare. Sembra esserci poco spazio, poche caselle in cui collocarsi ma anche il pubblico è aumentato e l’attenzione agli artisti piccoli è aumentata. Il livello è alto, mi sento solo stimolato a farne parte.
  6. Immaginate che io non abbia mai ascoltato il disco e che mi sia appena uscito tra i consigli di Spotify nelle nuove uscite. Qual è il pezzo che mi consigliereste per poterlo approcciare al meglio?
    Z: Ti direi “Swag Paranoia” perché è un brano dai temi molto profondi detti in modo molto swag. È il primo brano per introdursi a questa versatilità che poi si va a scoprire piano piano nel disco.
    W: Secondo me “Statt Accort” perché è un pezzo sognante, proprio come quelli che piacciono a me, quelli che ti lasciano un sorrisetto alla fine.
  7. Wemme ci dicevi che “Swag Paranoia” lo vedi più come un nuovo punto di inizio. Ora cosa dobbiamo aspettarci?
    W: Si spinge, dritti.
    Z: Prossimo disco (ride, ndr.). Siamo pieni di provini e sappiamo già dove andare. Se a qualcuno è arrivato questo disco, vogliamo continuare a dargli delle ragioni per consolidarci nelle playlist, nelle vite e nei ricordi delle persone.
    W: Altra musica, altre evoluzioni, altra fame, altra vita, altre prospettive, continua costanza.

Intervista di Alberto Rogano

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