Intervista a Kherty

In occasione dell’uscita di “Goodboy”, il suo nuovo singolo, abbiamo fatto qualche domanda al giovane talento campano Kherty.

Ciao Kherty e benvenuto su RapAdvisor.

È da poco uscito Goodboy il tuo nuovo singolo che racconta e narra la storia di un ragazzo cresciuto in provincia e nella periferia di Napoli. Credi il tuo percorso sarebbe stato diverso se fossi nato in un contesto differente?

Sicuramente sì, credo ognuno sia figlio di ciò che lo circonda; sin da quando ero piccolo ho avuto il bisogno viscerale di mettere il naso fuori e vivere a pieno la mia provincia, scoprirne tutti i lati. Ci sono tante situazioni e circostanze prettamente periferiche che, nel bene e nel male, delineano il percorso e la personalità di chi ci cresce dentro. Personalmente, ho sempre cercato di trarne quanti più stimoli possibili e di non abbandonarmi mai al disagio che fa da padrone. A differenza di tanti altri compaesani, sono orgoglioso di poter dire che sono di Acerra e di poterla raccontare nella mia musica. “Good Boy” voleva essere esattamente questo, una fotografia intima di alcuni momenti di vita vissuta. Spero di poter rappresentare tanti ragazzi come me.

La scena Napoletana è una scena particolare ma a differenza di altri emergenti che promuovono violenza e uno stile di vita fuori dagli schemi nelle tue barre lanci un messaggio positivo . Cosa ne pensi della piega che ha preso la musica rap nella scena Napoletana?

Credo che ad ognuno vada il suo. Io nella musica ci ho sempre visto un forte mezzo di comunicazione, in certi casi anche di redenzione, e non posso giudicare chi la vive in maniera diversa. Ho sempre cercato di rappresentare la vita vera, quella di tutti i giorni, quella che vedi quando scendi di casa, che spesso viene confusa con la vita di strada, di cui non mi interessa essere promotore: per me chi davvero ci sta dentro in Italia non si mette a fare la musica, e nei pochi casi in cui combacia si sente la voglia di uscirne, non c’è la tendenza ad ostentarla. Per me stare qui a Napoli significa avere potenzialmente una marcia in più, ma devi saper sfruttare questo fattore, può essere una lama a doppio taglio. Credo la chiave sia rimanere fedeli a sè stessi e alla propria idea di musica: banalmente, keep it real. Poi che qui al Sud si rappi veramente bene è risaputo, lo sappiamo dagli anni 2000.

Ci sono alcuni artisti con i quali sei particolarmente in contatto magari per qualche progetto musicale?

Della musica ho sempre apprezzato la possibilità che ti dà di creare nuovi collegamenti, è un motore incredibile per il confronto ed io sono una persona che ha bisogno di espandere quanto più possibile la propria visione giorno per giorno. Nell’ultimo anno, sia un po’ per il tipo di percorso artistico che ho intrapreso e soprattutto per scelta personale, ho preferito fermarmi un attimo e concentrarmi sul mio giardino, sono rimasto in disparte assieme alla mia squadra e credo ci abbia aiutato a smuovere qualcosa. Adesso che sta iniziando un nuovo anno e una nuova fase del mio percorso sto approcciando il lavoro anche con persone nuove, sono in contatto con un sacco di produttori e ragazzi con cui fare tanta bella musica, non solo qui a Napoli. Secondo me si vive anche di connessioni.

Recentemente ti sei affermato come uno degli emergenti più promettenti in Italia. Ti sentì soddisfatto di questo risultato?

La cosa più grande che ho imparato negli ultimi 7/8 mesi è stata la pazienza. Tutto il mio percorso è caratterizzato da periodi di down perché stupidamente avevo la foga di voler agguantare subito i traguardi o sentirmi appagato da questa musica, probabilmente ero ancora fin troppo piccolo. Poi, quando dopo anni di gavetta è arrivata qualche soddisfazione, la prima cosa che ho pensato è stata: “allora era questo il momento giusto”, e grazie a questo approccio ho rivalutato tante cose di me e del game. Per rispondere alla domanda, non mi sento soddisfatto per il risultato in sé, ma mi sento sereno perché so di aver iniziato un processo, e dopo anni di continui sbandamenti inizio finalmente ad avere un quadro un po’ più chiaro. Quest’anno voglio solo fare tanta musica e far entrare quante più persone possibili nel mio viaggio, il mio fine è la comunicazione.

Come è stato rappare su un type beat di Nas? Questo è un tipo di approccio diverso rispetto al quale sei abituato, pensi di ripetere l’esperienza in futuro magari sul beat di qualche altro produttore?

Su quel beat mi sono sentito a casa, ho scritto tutto in 40 minuti. Il mio background da artista mi ha visto prima come freestyler, a 14/15 anni ero sempre a fare cyhper e ricordo che mi allenavo assieme ai miei amici sulle instrumental di “Illmatic”, quella di “Represent” credo di averlo consumata. Chi mi conosce per bene sa anche che prima o poi mi tatuerò Nas addosso, per me è iconico: mi rivedo tanto nel tipo di scrittura, descrive immagini incredibili e ha partorito un disco (Illmatic) che per me è nella top 5 dei dischi hip-hop all-time. Ancor prima che un rapper, sono un fan del genere, a me viene spontaneo rappare, è nella mia attitudine. Tra l’altro in questa occasione ero ancora più gasato, rappare per Esse è stata una cosa incredibile e ne sarò sempre riconoscente, sono grato di far parte del format. Spero di poter avere sempre più occasioni del genere, mi piacerebbe ripetere l’esperienza e fare ancora meglio, magari arrivare a Real Talk.

Con Suadade hai dato una svolta alla tua immagine e alla tua musica, sei stato contento del riscontro che ha avuto il disco? Avevi aspettative diverse?

Saudade è nato senza aspettative, senza alcun tipo di progetto studiato a riguardo, senza previsioni. È il frutto di una registrazione one take di un pezzo (Statement ‘04), fatta ad Aprile 2022; appena uscì dal booth dissi al mio produttore che quella sarebbe stata la intro del mio primo disco. Era un periodo in cui mi arrivava ogni tipo di colpo addosso, per giunta uno dietro l’altro, avevo un bisogno emotivo incredibile di scrivere quello che mi stava succedendo, quello che avevo in testa. Questo album l’ho anche tatuato sul braccio destro, è la cosa di cui vado più fiero in assoluto, mi ha aiutato tanto e ho avuto piacere nel sapere che tantissime persone si sono riviste nelle lyrics, mi hanno contattato in tantissimi nei primi giorni di uscita e questa è la cosa che più mi ha colpito. Per me è stato un nuovo inizio, mentre lo scrivevo perdevo pezzi ed averlo fatto uscire mi ha aiutato a ricompormi da zero. Tra l’altro non avrei mai pensato che un disco per metà prodotto in una Nissan Juke (la macchina) sarebbe riuscito ad aprirmi delle porte importanti. Sono il primo fan di Saudade, gli devo qualsiasi cosa futura che verrà.

Intervista di Valeria Giudicotti.

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