Intervista a 8blevrai

Tra i nuovi nomi più interessanti e reali del 2022 c’è sicuramente quello di 8blevrai, artista che ha pubblicato in estate il suo Ep “Immigrato”, accompagnato da un omonimo documentario disponibile su YouTube. Abbiamo fatto qualche domanda a 8blevrai per approfondire lo spessore e il significato dell’Ep e del documentario.

“Immigrato” è un titolo molto forte per un EP. Come hanno reagito le persone al titolo?
Il titolo è molto forte, ma serve a dare il giusto peso a me stesso e alla realtà che voglio raccontare. Il titolo è forte quanto l’EP, le persone sono rimaste di stucco sia nello scoprire il titolo, sia nell’ascoltare i miei brani.

Quali sono le differenze principali tra l’Italia e il Marocco a livello sociale?
Sono entrambi paesi del mediterraneo, quindi le differenze ci sono, ma non sono così marcate. Una delle cose che noto maggiormente però è il rapporto con le persone, con il prossimo. In Italia si tende a essere un po’ più freddi con chi non si conosce.

Nella nuova scena emergente trovi altri rapper che hanno un vissuto simile al tuo e con cui condividi umanamente dei valori?
Vedo che ci sono tanti ragazzi con una doppia nazionalità come la mia, ma ognuno ha la propria vita e i proprio valori. Sicuramente possiamo essere simili, ma nessuna persona è uguale a un’altra.

Nel documentario dici che il Ramadan per te è un periodo di riflessione. Quest’anno il Ramadan ha preceduto di poco la pubblicazione del tuo EP. Questa riflessione come ha influito sull’EP “Immigrato”?
Il Ramadan ha influito sull’EP e penso che si sia visto nel lavoro finale. In quel mese cerco di staccarmi da tutto e focalizzarmi solo sulle cose davvero importanti, per me è il periodo più importante dell’anno e quindi si sposava bene con quello che sarebbe stato il passo più importante della mia vita musicale (fin ora).

Il documentario è stato un modo anche per raccontare dei lati di 8blevrai che non vengono sempre capiti attraverso la musica?
Più che spiegare i miei lati nascosti, il documentario è stato realizzato per presentarmi e per presentare la mia gente e le sue difficoltà. Sicuramente però è un tassello fondamentale per comprendere a pieno il mio EP.

Cosa ti ha dato artisticamente lavorare con produttori molto esperti come Ty1, Shocca e Big Fish?
Lavorare con loro mi ha fatto sicuramente crescere a livello professionale, grazie alla loro immensa esperienza. Ho avuto una grande lezione su come si lavora nel mondo della musica, perché è lavoro e non solo passione, quindi bisogna essere professionali per raggiungere gli obiettivi.

Come è stato confrontarsi artisticamente con due artisti come Jake La Furia e Paky?
Confrontarsi con Jake e Paky prima di tutto è stato un onore. Sono molto contento di aver partecipato a questo confronto tra nuova e vecchia scuola, che ha dato vita a un pezzo davvero bellissimo all’interno del disco di Jake, ossia “L’amore e la violenza”.

Nel pezzo “Robe da Maranza” descrivi un po’ il lifestyle e i valori dei maranza, che è una parola che usi spesso anche nel documentario. Cosa significa per te essere un maranza? È una parola che ha un lato negativo e uno positivo?
Per me essere Maranza è essere me stesso, con la mia mentalità, la mia cultura e i miei valori. Per me non è una parola negativa. Per me essere Maranza è essere marocchino, quindi non può essere negativo visto che rappresenta la mia cultura al 100%. A essere negativa non è la parola, ma la mancanza di valori e di principi può darle questa accezione, ma come tutte le parole alla fine.

Intervista di Leonardo Lupi e Matteo Pinamonte.

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