É uscito il 17 Aprile 2020 “La danza delle streghe”, il secondo disco di Tommy Toxxic. Il rapper romano membro del Wing Clan è contraddistinto da una scrittura grezza e trasparente tipicamente romana, che è presente anche in questo disco. Stilisticamente “La danza delle streghe” è un disco new school, con autotune, bassi e ispirazioni anche al di fuori del rap. Gli ospiti di Tommy sono stati Ketama126, Franco126, Joe Scacchi, Ugo Borghetti e Prince dei Tauro Boys. La presenza di questi artisti non ha fatto altro che rafforzare il mood romano e pragmatico del disco.
Se per annunciare proprio l’uscita del disco Tommy Toxxic ha postato una foto in cui si vedono 3 figure dell’artista stesso, io credo che questo progetto ci racconti tre tratti caratteriali importanti del romano. Il primo, preponderante, è il suo essere real ad ogni costo. Tommy ha vissuto e continua a vivere ciò di cui parla e vuole farcelo capire, ha voglia di parlare direttamente all’ascoltatore e di spiegare sinceramente cosa ha vissuto, a livello sia di emozioni che di esperienze.
Il secondo è il suo lato godereccio e divertente, che appare per esempio in “Wow” o “Emrata”, pezzi in cui Tommy lascia volare il suo ego e racconta della sua vita spericolata tra motorini, Roma centro, droghe e birre. Il terzo lato dell’artista che è molto visibile, che non è altro che l’altra faccia della medaglia della sua spericolatezza, è la disperazione di Tommy Toxxic. In alcuni pezzi, tra cui “Harakiri”, “Ossa Rotte” e “Voci”, il rapper capitolino appare deluso e disilluso. Deluso dall’amore e dalla società vuota e superficiale. Disilluso, invece, a causa di tutte le esperienze estreme che ha vissuto, che condizionano le sue emozioni ancora oggi. Proprio nell’apatia e la malinconia di questo tipo di testi emerge la profondità emotiva di Tommy, che ha dimostrato di riuscire a raccontare chiaramente le sue sensazioni, anche quelle più tristi.
“La danza delle streghe” è come un puzzle, che unisce perfettamente questi tre tratti del membro del Wing Clan. Nonostante alcuni testi e suoni risultino cacofonici, l’ascolto è piacevole. L’alternanza tra pezzi leggeri e altri di maggior significato fa in modo che l’album non risulti lento e pesante. La presenza di pezzi più introspettivi e “disperati” spezza il ritmo di un viaggio che altrimenti sarebbe fin troppo spensierato.
Articolo di Matteo Pinamonte.
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